vendredi 15 mars 2013

Cosi era Milano : porta Orientale

Porta Venezia (già Porta Orientale fino al 1860, Porta Riconoscenza in epoca napoleonica) è una delle sei porte principali di Milano, ricavata all'interno dei Bastioni. Posta a nord-est della città, si apriva lungo la strada per Gorgonzola. Caratterizzata oggi dalla presenza dei caselli neoclassici del Vantini (1827-1828), sorge al centro di piazza Oberdan, allo sbocco di corso Venezia.
In passato Porta Orientale identificava inoltre uno dei sei sestieri storici in cui era divisa la città, il Sestiere di Porta Orientale.

 

 La porta spagnola (XVI secolo)

La Porta Venezia attuale che si apre nei Bastioni di Milano sorse sullo stesso asse viario (oggi corso Venezia) su cui erano sorte in precedenza le omonime porte di epoca romana (sul tracciato delle Mura romane) e di epoca medievale (sul tracciato delle Mura medievali).
Secondo le cronache seicentesche, un certo Pietro Antonio Lovato, dopo aver abbandonato l'esercito dei Lanzichenecchi, entrò a Milano per questa porta con vestiti ed averi infetti per la peste: da questi si sarebbe diffusa la terribile epidemia del 1630 nella città ambrosiana. Da questa porta inoltre Renzo Tramaglino compie il suo ingresso a Milano nei Promessi Sposi.[1]

Il primo rifacimento del Piermarini (1782)

Porta Orientale, per la privilegiata posizione che rivestiva essendo rivolta verso Vienna e l'Austria, fu la prima fra le porte cittadine per la quale verso la fine del XVIII secolo si pensò ed operò un rifacimento in chiave monumentale. L'architetto designato fu Giuseppe Piermarini, protagonista fino alla sua morte (avvenuta nel 1808) del rinnovamento urbanistico e architettonico della città. Al tempo la porta, così come il vicino tratto di Bastioni, aveva perso ogni funzione difensiva, e veniva impiegata unicamente per la riscossione del dazio. Il Piermarini, che già era impegnato nella realizzazione dei vicini Giardini Pubblici e nella sistemazione a passeggiata dei vicini Bastioni, cominciò i lavori per il nuovo complesso in stile neoclassico nel 1787, ma fu presto interrotto per via di aspre critiche al progetto. Sempre del 1787 si ricorda un progetto alternativo di caselli daziari, proposto dal Cagnola in opposizione a quello del Piermarini, che non venne comunque tenuto in considerazione.

L'arco provvisorio in cartongesso realizzato a nel 1825 in occasione dell'entrata a Milano dell'Imperatore d'Austria Francesco I e di sua moglie l'Imperatrice Carolina Augusta, avvenuto il 10 maggio 1825.
Con la venuta in Italia di Napoleone, mutò definitivamente la concezione della porta cittadina, non più struttura difensiva o semplice sede del dazio, ma vero e proprio monumento capace di impreziosire e aumentare il prestigio della città. Il rifacimento in chiave monumentale delle porte cittadine subì pertanto un incentivo sotto il governo del Melzi d'Eril, che prevedeva inoltre la risistemazione in chiave paesaggistica dei Bastioni. Con queste premesse venne ripreso in considerazione il problema dell'incompiuta Porta Orientale, ribattezzata nel frattempo Porta Riconoscenza. Nel 1806 in occasione dell'ingresso a Milano del viceré Eugenio di Beauharnais, giunto in città per le nozze con Augusta di Baviera, venne incaricato il Cagnola della realizzazione di un arco trionfale provvisorio: l'arco, monoforo, si ispirava a quello di Tito a Roma, era coronato da una quadriga con gli sposi raffigurati tra statue di Vittorie alate ed era preceduto da una scala affiancata da obelischi. Tale realizzazione avrebbe dovuto poi tradursi in marmo, nella sua versione permanente, come deliberato il 19 febbraio 1806 dal Consiglio Comunale; tuttavia il progetto non trovò mai attuazione.
Niente ancora era stato ancora fatto nel 1825, quando si dovette allestire un nuovo arco monumentale provvisorio in cartongesso, su progetto sempre del Cagnola, per celebrare l'ingresso a Milano dell'Imperatore d'Austria Francesco I e di sua moglie l'Imperatrice Carolina Augusta, avvenuto il 10 maggio 1825. Il Cagnola preparò per l'occasione due progetti: l'uno caratterizzato da un portico tetrastilo architravato, ornato da una quadriga ed altre statue, l'altro - quello che venne poi scelto - caratterizzato da un arco a tre fornici, di cui si conserva un modello in bronzo in scala 1:28 alla Pinacoteca Ambrosiana. Anche in questo caso tuttavia non si riuscì a tradurre in permanente l'arco provvisorio, malgrado le insistenze - ancora nel 1818 - da parte del Cagnola di smontare quanto edificato a Porta Sempione[2], per trasferirlo a Porta Orientale.

L'effimero arco di trionfo realizzato nel 1857.

Porta Venezia all'inizio del secolo

Il secondo rifacimento del Vantini (1827-1828)

L'attuale complesso daziario che costituisce oggi Porta Venezia venne realizzato fra il 1827 ed il 1828 su progetto dell’architetto bresciano Rodolfo Vantini, a seguito di un concorso bandito nel 1826 (cui parteciparono 32 concorrenti). Nel 1833 vennero collocate le statue e i rilievi che dettero all'opera il suo aspetto definitivo.
Nel 1857 in occasione della visita a Milano dell'Imperatore d'Austria Francesco Giuseppe e della consorte Elisabetta, venne eretto un arco di trionfo temporaneo, in legno, fra i due caselli. Al tempo era usanza di erigere questo genere di architetture temporanee in occasioni particolarmente solenni: in occasione della stessa visita, sul percorso del corteo imperiale, venne eretta una cappella in stile neoromanico al Rondò di Loreto e un palco d'onore con baldacchino in piazza Duomo, sul lato del Coperto dei Figini.
Nel 1860 venne ribattezzata Porta Venezia, in nome della città rimasta austriaca dopo l'"incompiuta" seconda guerra d'indipendenza (1859) e nel 1882 la grande piazza, su cui sboccano ben otto strade,[3] venne intitolata a Guglielmo Oberdan, l'irredentista giuliano impiccato dagli austriaci.
In passato è stata conosciuta anche come Porta Renza, storpiatura come nel caso di Porta Orientale della primitiva Porta Argentea di età romana. L'antica denominazione di Porta Venezia non si riferisce - come è dato comunemente credere - al fatto che sorgesse ad est della città (denominazione che non avrebbe neanche una sua ragione d'essere, dal momento che non è la più orientale della città, bensì lo sarebbe Porta Tosa, la sua succursale già all'epoca della costruzione delle mura medievali). Essa deriverebbe invece dall'antico toponimo latino della porta, che si apriva verso Argentiacum, l'attuale Crescenzago.[4]

mardi 5 mars 2013

Jean-Christophe Rufin @ Milan


Jean Christophe Rufin présente à Milan, dans le cadre du Festival de la Fiction Française, son dernier roman, Le Grand Coeur.

dimanche 3 mars 2013

Mantoue


La ville fut fondée sur les bords duMincio en 2000 av. J.-C. environ. Elle fut ensuite, au vie siècle av. J.-C., un village étrusque. Son nom viendrait deMantus, l'équivalent du dieu Hadès chez les Étrusques. Les Romains, qui conquirent la ville entre la première et laseconde guerre punique, confondirent Mantus avec Manto, une fille deTirésiasVirgile, né non loin de la ville, est surnommé « le cygne de Mantoue ».
Le 18 mars 1086, saint Anselme de Lucques meurt à Mantoue et devient ainsi le saint patron de la ville.
Du début du xiie au début du xive siècle, Mantoue est une république urbaine. Puis, dans le cadre de la lutte entre les Guelfes et lesGibelins, elle passe en 1273 sous l'autorité des Bonacolsi (guelfes), avant que ceux-ci ne soient supplantés en 1328 par les Gonzague(gibelins), qui furent ducs de Mantoue.
La disparition de la lignée ducale directe fut la cause, au xviie siècle, de la guerre de succession de Mantoue, épisode périphérique de la guerre de Trente Ans. Le duché revint cependant à une branche cadette (française, des ducs de Nevers) jusqu'en 1708, date où il fut annexé à l'empire austro-hongrois.
En 1796, durant la campagne d'Italie, le siège de Mantoue, alors tenue par les Autrichiensdura près de 8 mois. La ville ne fut prise par les troupes de Bonaparte qu'en janvier 1797.
Mantoue retourne sous la domination de l'Autriche en 1815 avec le Congrès de Vienne.
En 1866, elle est annexée au royaume d'Italie.