Porta Venezia (già Porta Orientale fino al 1860, Porta Riconoscenza in epoca napoleonica) è una delle sei porte principali di Milano, ricavata all'interno dei Bastioni. Posta a nord-est della città, si apriva lungo la strada per Gorgonzola. Caratterizzata oggi dalla presenza dei caselli neoclassici del Vantini (1827-1828), sorge al centro di piazza Oberdan, allo sbocco di corso Venezia.
In passato Porta Orientale identificava inoltre uno dei sei sestieri storici in cui era divisa la città, il Sestiere di Porta Orientale.
La porta spagnola (XVI secolo)
La Porta Venezia attuale che si apre nei
Bastioni di
Milano sorse sullo stesso asse viario (oggi
corso Venezia) su cui erano sorte in precedenza le omonime porte
di epoca romana (sul tracciato delle
Mura romane) e
di epoca medievale (sul tracciato delle
Mura medievali).
Secondo le cronache seicentesche, un certo Pietro Antonio Lovato,
dopo aver abbandonato l'esercito dei Lanzichenecchi, entrò a Milano per
questa porta con vestiti ed averi infetti per la peste: da questi si
sarebbe diffusa la terribile epidemia del
1630 nella città ambrosiana. Da questa porta inoltre
Renzo Tramaglino compie il suo ingresso a
Milano nei
Promessi Sposi.
[1]
Il primo rifacimento del Piermarini (1782)
Porta Orientale, per la privilegiata posizione che rivestiva essendo rivolta verso
Vienna e l'
Austria, fu la prima fra le
porte cittadine per la quale verso la fine del
XVIII secolo si pensò ed operò un rifacimento in chiave monumentale. L'architetto designato fu
Giuseppe Piermarini, protagonista fino alla sua morte (avvenuta nel
1808) del rinnovamento urbanistico e architettonico della città. Al tempo la porta, così come il vicino tratto di
Bastioni, aveva perso ogni funzione difensiva, e veniva impiegata unicamente per la riscossione del dazio. Il
Piermarini, che già era impegnato nella realizzazione dei vicini
Giardini Pubblici e nella sistemazione a passeggiata dei vicini
Bastioni, cominciò i lavori per il nuovo complesso in
stile neoclassico nel
1787, ma fu presto interrotto per via di aspre critiche al progetto. Sempre del
1787 si ricorda un progetto alternativo di caselli daziari, proposto dal
Cagnola in opposizione a quello del
Piermarini, che non venne comunque tenuto in considerazione.
Con la venuta in
Italia di
Napoleone,
mutò definitivamente la concezione della porta cittadina, non più
struttura difensiva o semplice sede del dazio, ma vero e proprio
monumento capace di impreziosire e aumentare il prestigio della città.
Il rifacimento in chiave monumentale delle
porte cittadine subì pertanto un incentivo sotto il governo del
Melzi d'Eril, che prevedeva inoltre la risistemazione in chiave paesaggistica dei
Bastioni.
Con queste premesse venne ripreso in considerazione il problema
dell'incompiuta Porta Orientale, ribattezzata nel frattempo Porta
Riconoscenza. Nel
1806 in occasione dell'ingresso a
Milano del viceré
Eugenio di Beauharnais, giunto in città per le nozze con
Augusta di Baviera, venne incaricato il
Cagnola della realizzazione di un arco trionfale provvisorio: l'arco, monoforo, si ispirava a
quello di Tito a
Roma,
era coronato da una quadriga con gli sposi raffigurati tra statue di
Vittorie alate ed era preceduto da una scala affiancata da obelischi.
Tale realizzazione avrebbe dovuto poi tradursi in marmo, nella sua
versione permanente, come deliberato il
19 febbraio 1806 dal Consiglio Comunale; tuttavia il progetto non trovò mai attuazione.
Niente ancora era stato ancora fatto nel
1825, quando si dovette allestire un nuovo arco monumentale provvisorio in cartongesso, su progetto sempre del
Cagnola, per celebrare l'ingresso a
Milano dell'
Imperatore d'Austria Francesco I e di sua moglie l'Imperatrice
Carolina Augusta, avvenuto il
10 maggio 1825. Il
Cagnola
preparò per l'occasione due progetti: l'uno caratterizzato da un
portico tetrastilo architravato, ornato da una quadriga ed altre statue,
l'altro - quello che venne poi scelto - caratterizzato da un arco a tre
fornici, di cui si conserva un modello in bronzo in scala 1:28 alla
Pinacoteca Ambrosiana. Anche in questo caso tuttavia non si riuscì a tradurre in permanente l'arco provvisorio, malgrado le insistenze - ancora nel
1818 - da parte del
Cagnola di smontare quanto edificato a
Porta Sempione[2], per trasferirlo a Porta Orientale.
L'effimero arco di trionfo realizzato nel
1857.
Porta Venezia all'inizio del secolo
Il secondo rifacimento del Vantini (1827-1828)
L'attuale complesso daziario che costituisce oggi Porta Venezia venne realizzato fra il
1827 ed il
1828 su progetto dell’architetto bresciano
Rodolfo Vantini, a seguito di un concorso bandito nel
1826 (cui parteciparono 32 concorrenti). Nel
1833 vennero collocate le statue e i rilievi che dettero all'opera il suo aspetto definitivo.
Nel
1857 in occasione della visita a
Milano dell'Imperatore d'Austria
Francesco Giuseppe
e della consorte Elisabetta, venne eretto un arco di trionfo
temporaneo, in legno, fra i due caselli. Al tempo era usanza di erigere
questo genere di architetture temporanee in occasioni particolarmente
solenni: in occasione della stessa visita, sul percorso del corteo
imperiale, venne eretta una cappella in stile neoromanico al
Rondò di Loreto e un palco d'onore con baldacchino in
piazza Duomo, sul lato del
Coperto dei Figini.
Nel
1860 venne ribattezzata Porta Venezia, in nome della città rimasta austriaca dopo l'"incompiuta"
seconda guerra d'indipendenza (
1859) e nel
1882 la grande piazza, su cui sboccano ben otto strade,
[3] venne intitolata a
Guglielmo Oberdan, l'irredentista giuliano impiccato dagli austriaci.
In passato è stata conosciuta anche come
Porta Renza, storpiatura come nel caso di
Porta Orientale della primitiva
Porta Argentea
di età romana. L'antica denominazione di Porta Venezia non si riferisce
- come è dato comunemente credere - al fatto che sorgesse ad est della
città (denominazione che non avrebbe neanche una sua ragione d'essere,
dal momento che non è la più orientale della città, bensì lo sarebbe
Porta Tosa,
la sua succursale già all'epoca della costruzione delle mura
medievali). Essa deriverebbe invece dall'antico toponimo latino della
porta, che si apriva verso
Argentiacum, l'attuale
Crescenzago.
[4]